Ricerca























mod_vvisit_counterVisite Oggi545
mod_vvisit_counterDal 12/06/0913818934

 CERCA IN QUESTO SITO

Ricerca personalizzata
indennità sostitutiva per ferie non godute quando spetta?

 

La Suprema Corte dichiara che il dirigente pubblico che non abbia chiesto le ferie e che cessi dal servizio senza averle godute interamente ha diritto all'indennità sostitutiva a meno che...

Argomenti correlati

Monetizzazione delle ferie nel pubblico impiego

 

Di recente, si stanno presentando, con una certa frequenza, nell'ambito della giurisprudenza di merito, questioni che vertono sul diritto all'indennità sostitutiva per ferie non godute nell'ambito del pubblico impiego anche come conseguenza dell'entrata in vigore della l. n.  135 del 2012 che, al comma 8 dell'art. 5 ha previsto che “8. Le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonche' delle autorita' indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob), sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi. La presente disposizione si applica anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età.

Tale disposizione è stata sottoposta di recente al vaglio della Corte Costituzionale che ne ha fornito un'interpretazione adeguatrice nel senso di ritenere detta disposizione inapplicabile in ipotesi di cessazione del rapporto a causa di malattia.

Nel medesimo solco, e, cioè, nel senso di ritenere tuttora spettante l'indennista sostitutiva per ferie non godute, si pone una recentissima sentenza della Suprema Corte.

Nel caso di specie, un pensionato, ex dipendente dirigenziale di una Pubblica amministrazione, ha agito in giudizio nei confronti di quest'ultima per ottenere la monetizzazione dei 52 giorni di ferie a lui spettanti e non godute entro il termine del rapporto di lavoro. A seguito di gravame della sentenza di primo grado sfavorevole, la Corte d'Appello gli aveva riconosciuto il diritto all'indennità sostitutiva delle ferie condannando al pagamento la Pubblica amministrazione. A seguito di ricorso per cassazione motivato dalla mancata richiesta delle ferie da parte del dirigente e dal fatto che le medesime non erano state negate per esigenze di servizio (non essendo state neppure chieste) la S.C. ha confermato la sentenza dei giudici di appello, confermando l'orientamento già espresso dalla Cassazione n. 13860/2000 secondo cui "dal mancato godimento delle ferie deriva - una volta divenuto impossibile per l'imprenditore, anche senza sua colpa, adempiere l'obbligazione di consentire la loro fruizione - il diritto del lavoratore al pagamento dell'indennità sostitutiva, che ha natura retributiva, in quanto rappresenta la corresponsione, a norma degli artt. 1463 e 2037 c.c., del valore di prestazioni non dovute e non restituibili in forma specifica".

Cassazione civile, sez. lav., 01/02/2018, (ud. 26/10/2017, dep.01/02/2018),  n. 2496

5. Il primo motivo di ricorso non è fondato.

Il CCNL EPR 1994-1997 del 7 ottobre 1996, CCNL normativo 1994 - 1997 ed economico 1994 - 1995, all'art. 7 (Ferie, festività del Santo Patrono e recupero festività soppresse), commi 1, 9, 15 (di contenuto uguale al comma 13 richiamato dal ricorrente) e 16, prevede:

"1. Il dipendente ha diritto, per ogni anno di servizio, ad un periodo di ferie retribuito. Durante tale periodo al dipendente spetta la normale retribuzione, escluse le indennità previste per prestazioni di lavoro straordinario e quelle collegate ad effettive prestazioni di servizio".

"9. Le ferie sono un diritto irrinunciabile e la mancata fruizione non dà luogo alla corresponsione di compensi sostitutivi, salvo quanto previsto nel comma 16. Esse vanno fruite nel corso di ciascun anno solare, su richiesta del dipendente, previa autorizzazione, tenuto conto delle esigenze di servizio".

"15 Fermo restando il disposto del comma 9, all'atto della cessazione dal rapporto di lavoro, qualora le ferie spettanti a tale data non siano state fruite per esigenze di servizio, si procede al pagamento sostitutivo delle stesse sulla base del trattamento economico di cui al comma 1".

"16. Al personale che presenti i requisiti previsti dalle L. n. 724 del 1994, art. 5, comma 1, spettano ulteriori quindici giorni di ferie, non frazionabili, per recupero biologico, nel rispetto delle disposizioni del D.Lgs. n. 230 del 1995".

Il successivo CCNL EPR 1998-2001, all'art. 6 (Ferie, festività del Santo Patrono e recupero festività soppresse), commi 1, 9 e 15, stabilisce "1. Il dipendente ha diritto, per ogni anno di servizio, ad un periodo di ferie retribuito. Durante tale periodo al dipendente spetta la normale retribuzione, escluse le indennità previste per prestazioni di lavoro straordinario e quelle collegate ad effettive prestazioni di servizio (...).

9. Le ferie sono un diritto irrinunciabile e la mancata fruizione non dà luogo alla corresponsione di compensi sostitutivi, salvo quanto previsto nel comma 15. Esse vanno fruite nel corso di ciascun anno solare, su richiesta del dipendente, previa autorizzazione, tenuto conto delle esigenze di servizio (...).

15. Fermo restando il disposto del comma 9, all'atto della cessazione dal rapporto di lavoro, qualora le ferie spettanti a tale data non siano state fruite per esigenze di servizio, si procede al pagamento sostitutivo delle stesse sulla base del trattamento economico di cui al comma 1".

6. Così ricapitolato il quadro della disciplina contrattuale di settore, occorre ricordare che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 286 del 2013 ha affermato che: "(...) le ferie del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche, ivi comprese quelle regionali, rimangono obbligatoriamente fruite "secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti", tuttora modellati dalla contrattazione collettiva dei singoli comparti. E la stessa attuale preclusione delle clausole contrattuali di miglior favore circa la "monetizzazione" delle ferie non può prescindere dalla tutela risarcitoria civilistica del danno da mancato godimento incolpevole. Tant'è che nella prassi amministrativa si è imposta un'interpretazione volta ad escludere dalla sfera di applicazione del divieto posto dal D.L. n. 95 del 2012, art. 5, comma 8, "i casi di cessazione dal servizio in cui l'impossibilità di fruire le ferie non è imputabile o riconducibile al dipendente" (parere del Dipartimento della funzione pubblica 8 ottobre 2012, n. 40033). Con la conseguenza di ritenere tuttora monetizzabili le ferie in presenza di "eventi estintivi del rapporto non imputabili alla volontà del lavoratore ed alla capacità organizzativa del datore di lavoro" (nota prot. n. 0094806 del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato)".

Con la successiva sentenza n. 95 del 2016 nel ritenere non fondata questione di legittimità costituzionale del D.L. n. 95 del 2012, art. 5, comma 8, conv., con mod. dalla L. n. 135 del 2012 (che prevede, tra l'altro: "Le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione..., sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi"), ha posto in evidenza come il legislatore correli il divieto di corrispondere trattamenti sostitutivi a fattispecie in cui la cessazione del rapporto di lavoro è riconducibile a una scelta o a un comportamento del lavoratore (dimissioni, risoluzione) o ad eventi (mobilità, pensionamento, raggiungimento dei limiti di età), che comunque consentano di pianificare per tempo la fruizione delle ferie e di attuare il necessario contemperamento delle scelte organizzative del datore di lavoro con le preferenze manifestate dal lavoratore in merito al periodo di godimento delle ferie.

Il Giudice delle Leggi ha precisato che la disciplina statale in questione come interpretata dalla prassi amministrativa e dalla magistratura contabile, è nel senso di escludere dall'àmbito applicativo del divieto le vicende estintive del rapporto di lavoro che non chiamino in causa la volontà del lavoratore e la capacità organizzativa del datore di lavoro.

Ha chiarito la Corte costituzionale che tale interpretazione, che si pone nel solco della giurisprudenza del Consiglio di Stato e della Corte di cassazione, non pregiudica il diritto alle ferie, come garantito dalla Carta fondamentale (art. 36, comma 3), dalle fonti internazionali (Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro h. 132 del 1970, concernente i congedi annuali pagati, ratificata e resa esecutiva con L. 10 aprile 1981, n. 157) e da quelle europee (art. 31, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007; direttiva 23 novembre 1993, n. 93/104/CE del Consiglio, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro, poi confluita nella direttiva n. 2003/88/CE, che interviene a codificare la materia).

Tale diritto inderogabile sarebbe violato se la cessazione dal servizio vanificasse, senza alcuna compensazione economica, il godimento delle ferie compromesso dalla malattia o da altra causa non imputabile al lavoratore.

7. Questa Corte con la sentenza n. 13860 del 2000, richiamata nella sentenza n. 95 del 2016 del Giudice delle Leggi, ha affermato che dal mancato godimento delle ferie deriva - una volta divenuto impossibile per l'imprenditore, anche senza sua colpa, adempiere l'obbligazione di consentire la loro fruizione - il diritto del lavoratore al pagamento dell'indennità sostitutiva, che ha natura retributiva, in quanto rappresenta la corresponsione, a norma degli artt. 1463 e 2037 C.c., del valore di prestazioni non dovute e non restituibili in forma specifica; l'assenza di un'espressa previsione contrattuale non esclude l'esistenza del diritto a detta indennità sostitutiva, che peraltro non sussiste se il datore di lavoro dimostra di avere offerto un adeguato tempo per il godimento delle ferie, di cui il lavoratore non abbia usufruito (venendo ad incorrere così nella "mora del creditore"). Lo stesso diritto, costituendo un riflesso contrattuale del diritto alle ferie, non può essere condizionato, nella sua esistenza, alle esigenze aziendali.

Proseguendo con il ragionamento, la Cassazione afferma così il principio, estendibile alla generalità del personale lavorante, secondo cui "l'assenza di un'espressa previsione contrattuale non esclude l'esistenza del diritto a detta indennità sostitutiva, che peraltro non sussiste se il datore di lavoro dimostra di aver offerto adeguato tempo per il godimento delle ferie, di cui il lavoratore non abbia usufruito (venendo ad incorrere così nella 'mora del creditore')”.

Nel caso concreto, poiché il lavoratore collocato in riposo d'ufficio non si era rifiutato di goderne ma nonostante ciò non aveva esaurito i giorni di ferie disponibili, la Cassazione rigetta il ricorso.




Segnala su OK Notizie!Reddit!Del.icio.us! Facebook!
 

 CERCA ANCORA IN QUESTO SITO

Ricerca personalizzata
Previdenza Professionisti | Diritto Penale | Diritto Amministrativo | Diritto di Famiglia